Tutti i segreti dei cocktail con l’albume d’uovo e i consigli del bartender Luca Salvatore
Luca Salvatore si racconta e ci racconta perché i cocktail arricchiti con l’albume d’uovo sono il velluto a cui non poter rinunciare.
Tutti i segreti del cocktail con l’albume raccontati da Luca Salvatore, famoso bartender dell’originale Ghe Sem a Milano.
Dite addio alle vecchie credenze popolari, non lasciatevi ingannare dai classici usi dell’uovo in cucina: all’interno dei cocktail infatti, utilizzare l’albume è la tecnica ideale per portare nel bicchiere una tessitura setosa che permetterà ai consumatori di sentire sin dal primo sorso la sensazione di velluto in bocca.
E se negli anni Ottanta un giovanissimo Tom Cruise - protagonista della pellicola Cocktail - ha guardato con ammirazione il suo amico sorseggiare un Red Eye, dove l’uovo veniva utilizzato addirittura intero, i passi avanti nel mondo del beverage sono stati davvero tanti.
Sempre più locali e bartender infatti, creano e offrono ricette con l’albume d’uovo che spaziano dal Pisco Sour creato negli anni Venti in Perù e diventato poi bevanda nazionale, passando per il New Orleans Fizz, l’Apple Sour, fino a Candy Moon firmato Sanbittèr.
Abbiamo chiesto a Luca Salvatori - il bartender di Ghe Sem in Via Borsieri a Milano-, di raccontarci il suo personalissimo punto di vista sul cocktail con l’albume dell’uovo e anche qualcosa della sua carriera che l’ha portato a stabilirsi in pianta stabile a Milano dopo aver girato tutta l’Italia.
Luca, ci racconti qualcosa dei cocktail con l’albume d’uovo?
Diciamo che l’utilizzo dell’albume nei cocktail richiede un certo tipo di attenzioni. L’uovo è un ingrediente particolare, con un sapore e un gusto riconoscibilissimi. Utilizzarlo nei cocktail analcolici non è semplicissimo, ma ovviamente possibile.
La particolarità dell’albume è la sensazione di velluto che regala e dà in bocca. Creare un cocktail Sanbittèr con l’albume dell’uovo?
Create una base analcolica di succo di mango a cui unite l’albume dell’uovo montato, versate il contenuto nel bicchiere e create un top con il Sanbittèr Dry oppure con il Sanbittèr Rosso.
Voilà, il cocktail per un aperitivo è pronto! Potreste a questo punto giocare anche con le spezie per arricchire il vostro cocktail: in inverno usando la cannella, in estate prediligendo invece la particolarità della menta.
Come sei arrivato qui da Ghe Sem, ristorante che unisce la cucina cinese dei dim sum – i classici ravioli della tradizione asiatica - a quella delle eccellenze italiane?
Tutto è capitato per caso: un mio amico che conosceva Fabrizio gli ha dato il mio numero e dopo una telefonata fiume, abbiamo deciso di collaborare. Ho abbracciato l’idea di Ghe Sem perché mi ha stimolato immediatamente: sono solito sposare i progetti perché ci credo, di Ghe Sem mi piace la tipologia, il format.
Credo nei posti piccoli, preferisco dedicarmi e dedicare attenzione a 30, 40, 50 persone invece che fare un lavoro di massa, almeno arrivato a questo punto della mia carriera.
Qui posso curare il cliente, dedicarmi totalmente a lui e farlo stare bene. Le persone escono e vanno fuori per rilassarsi, per staccare un po’: il mio lavoro è simile quasi a quello dello psicologo, presto loro il mio orecchio ancor prima dei miei cocktail: quando si trovano in un ambiente accogliente e che li fa stare bene, si aprono e sono sereni e io sono gratificato.
Come crei i tuoi cocktail per un contesto come il Ghe Sem? Come calibri i gusti?
Bisogna cominciare dalla storia di Ghe Sem e da com’è: un locale orientale milanese. Il mio lavoro è prima di tutto quello di informarmi sui prodotti orientali, a cominciare da sake, capendo come degustarlo insieme ad altri prodotti. C’è poi quello aromatizzato, il whiskey giapponese e tante altre bevande.
Il mio lavoro consiste nel creare qualcosa che instauri un feeling con il cliente che entra qui dentro e trova qualcosa che altrove non reperirà. Creare qui vuol dire creare in questo contesto. Quando si entra da Ghe Sem si vive contemporaneamente un’esperienza di food unita a una di beverage.